La Storia


Sorge su una villa romana, edificata a cavallo tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., che, tra VIII ed il IX secolo, per iniziativa di una comunità benedettina ,ospitò un primo luogo di culto (ancora oggi visibile) dedicato a Sant’Egidio.
Di questa prima struttura si sono conservati i disegni di alcune stelle rosse e un affresco raffigurante il miracolo di Sant’Egidio e la cerva.
Nel 1113,il Signore del Feudo di Nocera, il principe longobardo Giordano di Capua, donò il Monastero e le terre circostanti a Leone, Abate del Monastero di San Trifone a Ravello.
Tra la fine del 1100 e i primo anni del 1200 come è attestato di un diploma di Federico II di Svevia, il monastero si arricchì di un nuovo edificio: una prima chiesa eretta in onore di Santa Maria Maddalena.
Nel 1438, con la distruzione di S. Trifone da parte degli aragonesi, il Monastero di Sant’Egidio divenne Sede Abbaziale e nei secoli successivi,  fu spesso retto da Vescovi, Arcivescovi e Cardinali.
Della prima chiesa, divenuta pericolante sul finire del 1400, si sono conservati l’affresco situato nel cavedio del Campanile quello raffigurante S.Nicola, collocato, introno al 1929, nell’attuale sacrestia.
I lavori di costruzione della nuova abbazia iniziarono col campanile nel 1506 e si conclusero nel 1542 ma, oltre queste notizie, non ci sono state tramandate molte altre informazioni.
Le uniche descrizioni, per la verità molto sommarie, della chiesa, nel corso dei lavori e ad opera appena ultimata, le si possono ricavare dai resoconti delle visite pastorali dei vescovi nocerini e da qualche atto notarile.

Nel corso della prima vista di cui si conservano gli atti, effettuati dal Vescovo Eusebio nel 1526, il cappellano del tempo, il reverendo Marco Antonio Ferraioli, giustificò lo stato precario dell’altare e della Chiesa, dicendo che l’altare non era consacrato e che la Chiesa era scoperta perché la si stava facendo nuova.
Da un atto del notaio Giona Grimaldi dell’8 ottobre 1531, apprendiamo che, alcuni anni prima, erano state istituite due gabelle destinate alla “fabrica” della chiesa e che in quell’anno la chiesa stava ancora “discoverta”.
Il resoconto della visita del 1553 del Vescovo Paolo Giovio (nel frattempo era diventato cappellano don Fiorillo Albanese), contiene la prima notizia sul polittico, che viene così descritto:
….icona super altare maiori in la quale ne è dipinta la immagine di una donna co lo figliolo, s.to Nicola e s.to Egidio e la Madalena.

Ciò che salta immediatamente agli occhi, nella lettura di questo passo, è che in esso manca la citazione di ben cinque tavole dell’opera che noi conosciamo.
Si potrebbe ipotizzare che esse non furono elencate perché, a quell’epoca, non c’erano, ma ciò sarebbe in contrasto col fatto che alla sommità del polittico, è impressa la data 1543, che dovrebbe attestare la conclusione del lavoro.
Non ci resta che ritenere che il vescovo Giovio si sia limitato a riportare la descrizione di quelle tavole che lo avevano maggiormente colpito.
Bisognerà attendere il 10 Luglio 1639, per avere dal Vescovo Francone una descrizione completa dei nove dipinti del polittico: alla sommità un Cristo risorgente, alla destra del quadro San Giovanni Battista e a sinistra San Pietro; al centro Santa Maria Maddalena, con a destra Santa Caterina e a sinistra Santa Marta; inferiormente l’illustrazione dell’Epifania (la Madonna in questa raffigurazione sembra venuta fuori da una tela di Raffaello), con a destra Sant’Egidio e a sinistra San Nicola.
All’epoca della conclusione dei lavori di ricostruzione e cioè, nel 1542, cosa che è confermata dal Vescovo Giovio nel 1553, nella Chiesa esistevano ben 15 altari, oltre all’altare maggiore, ma a quel tempo, la maggior parte di essi erano spogli e privi di immagini sacre e di ornamenti.
La parte sottostante, dopo l’edificazione della nuova chiesa divenne Cimitero del Paese fino all’editto di Saint-Cloud.
Circa la presenza dei benedettini, siamo solo in grado di riferire che, a seguito dei lavori conseguiti ai gravi danni subiti dalla chiesa col terremoto del 23 Novembre 1980 nella cripta, sono stati ritrovato degli scheletri, ancora vestiti del saio, sistemati in posizione seduta, messi sul colatoi.